foto del mese: luglio 2014
E’ la Sala del Consiglio del Banco e del Pio Luogo del Real Stabilimento e chiesa di Sant’Eligio Maggiore a Napoli1, con terrazzo sul lato lungo del Levante, tre balconi con vista prospiciente la piazza del Mercato e fronte conclusivo con la facciata della chiesa del Carmine Maggiore ed il Campanile. All’opposto altrettante tre porte immettono in un corridoio che inizialmente isolava la sala dal complesso monastico, la Torre campanaria e l’Arco dell’Orologio.
Ancora integramente lasciato agli affreschi ispirati alla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, commissionati dal Governo del Banco nel 1787 al pittore Angelo Mozzillo, che li firmò e li datò 1788, ricevendo in pagamento, come si evince e si legge dal Fondo Archivistico dell’Annunziata, 1888 ducati e 40 grane, avviando l’era delle decorazioni sei settecentesche anche sui metalli a lavorazione artigiana nelle botteghe dell’accosto Borgo degli Orefici.
I motivi che indussero il Governo del Banco ad affidare il ciclo sugli affreschi ad Angelo Mozzillo son da rilevare nella tendenza di quest’ultimo all’utilizzo promiscuo di elementi giordaneschi con vena cromatica alla De Matteis, e pure con qualche libertà alla Bonito del quale pare che fosse stato allievo.
E con questo si può definire certa l’intenzione del Governo del Banco di ripararsi dalle istanze neoclassiche chiariste molto diffuse ed affermate in tutto il Regno. Pur tuttavia segnalando la presenza di queste istanze rifiutate nella greca dorata che racchiude ogni scomparto e che corre per tutte e quattro le pareti costituendo un elemento di chiusura dell’intera impaginazione.
Gli affreschi della Sala del Governatorato
Otto scene principali, cinque per i sovrapporte, tre paesaggi che sovrastano i balconi ed una pianta allegata.
La vastissima tela che ornava tutto quanto il soffitto della Sala del Consiglio raffigurante Giove nell’Olimpo, attorniato dalle dee e dalle Muse per la quale alla fine della sua opera l’autore, il Mozzillo ricevette altri 500 ducati, oggi non esiste più. Così come è scomparso l’ornamento degli zoccoli raffiguranti trofei militari.
La scenografia di Angelo Mozzillo è attenta piuttosto a nascondere le voci squillanti degli evirati cantori che in sala rappresentano la Gerusalemme Liberata e lo fa nascondendoli sotto le corazze di cartone e gli svenevoli languori ed i sorrisi degli efebi o nelle annastrate acconciature delle ”Donne”, oppure sotto i cimieri piumati ed i costumi della più tarda cavalleria.
Si tratta di un’opera che nell’ingegno stempera i rigori del neoclassico delle forme di un Impero ormai sedotto oltre che dalla forza delle armi e della guerra, alla quale va detto è data una parte benchè minima anche assai riduttiva, dai sentimenti più profondi peculiari della specie umana.
La selva nel caso degli affreschi di Sant’Eligio Maggiore è in rappresentanza dell’opposto sentimento dell’amicizia che lega insieme tutti gli uomini in un viaggio della vita insieme e comunitario contro la disperazione dell’individualismo tipico delle filosofie ellenistiche del I e II secolo a.C.
Dalla porta maggiore la visuale offre le due scene di fondo: la visita dell’Angelo Gabriele a Goffredo di Buglione affinchè accettasse il comando dell’impresa e nell’altra scena è lo stesso Goffredo di Buglione eletto a capo della Crociata. Tra le due scene si nota il sovrapporta con terza scena di Liberazione dal rogo di Olindo e Sofronia ottenuta da Clorinda al suo rientro a Gerusalemme.
Attorno all’ingresso di un tempo alla sala si vedono le scene di Goffredo di Buglione che accoglie Arcante ed Alete, ambasciatori di Aladino. Critici oltre che suggestivi i costumi dei due ambasciatori che in realtà molto s’ispirarono agli stessi abiti regali indossati dal corpo diplomatico orientale di stanza nel Regno di Napoli.
In un altro riquadro sul portale dell’ingresso originario la scena di Rinaldo che lotta contro l’incanto della selva, e la bellissima Armida nuda offre al sua ultima seduzione. Tra le due scene anzidette ve ne è una terza, ovvero Argante e Clorinda che incendiano la Gran Torre dei Crociati inseguiti dai Cristiani.
Sul lato lungo di Ponente, ancora due scene probabilmente composte entrambe in monocromatico dallo stesso Mozzillo raccontano l’una di Clorinda moribonda per le ferite riportate nel duello con Tancredi e dallo stesso riconosciuta e battezzata e l’altra Erminia che ritrova Tancredi svenuto per le ferite nel duello con Argante.
Si ricordano anche le scene dove si aprono le tre porte.
Sui sovrapporti abbiamo: Il Funerale di Dudone, il Mago che insegna a Carlo e Ubaldo di come evitare le insidie di Armida e nella terza scena Ubaldo e Carlo che combattono contro i mostri messi a guardia del giardino incantato.
Tra le porte, i due pannelli di Eriminia, presso la capanna dei Pastori dove predomina lo spirito dell’Arcadia in pieno neoclassicismo. Nell’altro, Goffredo che si lascia medicare per le ferite riportate nel duello con Argante.
I complementi d’arredo, tavole, sedie, poltrone, madie, tavolieri, arazzi e credenze, son rimasti fino al 1980 di gusto ferdinandeo.
Spazio note
(1) [Estratto da: Dossier Sant’Eligio al Mercato di Napoli; per la sua lettura Storica: Orazio Dente Gattola, per la chiesa ed il complesso architettonico educandato ed ospedale Francesco Tirone; per l’Arco dell’Orologio Sergio Zazzera; per la Torre dell’Orologio Maria Tamajo Contarini; per la sala del Governatorato Gennaro Borrelli; per il Chiostro e la Fontana Umberto Franzese; per l’Ospedale e l’Ospizio di Sant’Eligio Maggiore Rosa Iadicicco; per l’EducandatoElena Pellecchia; per il restauro del 1944 Max Vairo; si è anche visto: Sant’Eligio e la Romeo Gestioni, la Piazza del Mercato e l’università Federico II, Napoli 2003 di Giovanni Vitolo]
(da http://www.storiacity.com/art/sala-del-governatorato-a-santeligio-maggiore-di-napoli/)