foto del mese: novembre 2015
“La più bella ecclesia che era in la dicta cita” è così che Giulio Cesare Capaccio definisce la chiesa di S. Severino e Sossio in un saggio del 1643. La costruzione del complesso risale al X secolo, quando i frati Benedettini, temendo le razzie dei saraceni, abbandonarono la precedente sede sulla collina di Pizzofalcone per trasferirsi in città. Nell’occasione furono trasferite anche le reliquie di San Severino (902), seguite da quelle di San Sossio nel 904. Magico scrigno d’arte custodisce tra le sua mura toccanti storie di amore e dolore come quella raccontata nei tre Monumenti sepolcrali della Cappella Sanseverino eseguiti per la Contessa Saponara, in memoria dei figli immaturamente scomparsi.
La cappella Sanseverino, dedicata al corpo di Cristo, fu pensata proprio da Ippolita de Monti, moglie di Ugo e contessa di Saponara, come vero e proprio pantheon della famiglia. Domina lo spazio un gruppo monumentale funebre dei tre fratelli Sanseverino eseguito da Giovanni da Nola, la cui committenza spetta alla madre dei tre fratelli, fattasi anch’essa poi seppellire nella stesso luogo, distesa sul pavimento dinanzi al monumento centrale a uno dei figli, dietro l’altare; i tre giovani morirono prematuramente assassinati col veleno dal loro stesso zio per motivi ereditari, e per questo la madre volle per loro un monumento che li ritraesse seduti sul loro sarcofago e non distesi su esso.
“Le Tre Tombe Sanseverino”, realizzate nella Chiesa di S. Severino e Sossio sono considerate i veri capolavori di MARIGLIANO (Merliano, Meriliano, Miriliano), Giovanni, detto Giovanni da Nola. Secondo Ferdinando Bologna, il Merliano eseguì solo il disegno di queste tombe, che furono opera della sua Scuola: Tenerello, Giandomenico D’Auria, Annibale Caccavello ed altri minori.