Anno Scolastico 2016/2017: Anno della Responsabilità
Il termine responsabilità deriva dal latino respònsus, participio passato del verbo respòndere (rispondere) ed ha come significato impegnarsi a rispondere, a qualcuno o a se stessi, delle proprie azioni e delle conseguenze che ne derivano.
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Responsabilità è un termine relativamente giovane; né la lingua greca, né la lingua latina offrono un vocabolo specifico per esprimere i concetti di responsabilità e di esser responsabile. Ciononostante già nell’Antica Grecia ci si era posto il problema dell’agire umano. Per Aristotele un soggetto è responsabile nel momento in cui non è costretto ad agire da qualcuno o qualcosa di esterno e l’atto non è risultato dall’ignoranza, in altre parole se il soggetto è anche cosciente dell’azione che compie.
Max Weber, in un mondo abitato dall’agire razionale dell’uomo, declina il comportamento dell’uomo nell’etica dei principi – anche detta etica delle intenzioni o delle convinzioni – e nell’etica della responsabilità. La prima forma di etica è ispirata da principi assoluti e/o valori morali senza tener conto delle possibili conseguenze. L’etica della responsabilità agisce tenendo sempre presenti le conseguenze del suo agire: è proprio guardando a tali conseguenze che essa agisce.
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Per Hans Jonas l’etica della responsabilità deve essere estesa nel tempo e nello spazio, nel senso che le azioni vanno valutate per le conseguenze non solo nei confronti dei contemporanei ma anche di coloro che «non sono ancora nati» e verso l’intera biosfera che va tutelata dalle compromissioni. Egli sostiene la necessità di applicare il principio di responsabilità ad ogni gesto dell’uomo che “deve” prendere in considerazione le conseguenze future delle sue scelte e dei suoi atti.
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Responsabilità vuol dire “rispondere” delle proprie azioni. Per Emmanuel Lévinas e di Jacques Derrida, esponenti della recente filosofia francese, i governanti devono “rispondere” agli interessi dei propri concittadini mettendo da parte o “non rispondendo” ai propri interessi personali.
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Cosa vuol dire responsabilità e di conseguenza essere responsabili per tutti noi che viviamo in una comunità educante?
Vuol dire principalmente impegnarsi a rispondere e corrispondere con tutte le nostre forze alle sfide dello spazio, il contesto in cui dimoriamo, alle sfide del tempo, il periodo storico che viviamo, a condividere con chi ci vive accanto l’attimo presente: l’unico in nostro potere. Gli attimi presenti, da sempre unici e irripetibili vissuti pienamente preparano al tempo che verrà anzi sono già il domani: semi di futuro nel presente.
Educare (dalla radice latina ex ducere = tirare fuori) vuol dire rendere realizzabile, visibile ciò che è possibile, ciò che è implicito in ogni persona, fin da bambino: la sua potenza, le sue potenzialità, il suo valore di persona, la sua dignità umana. Educare è un atto di reciprocità. Chi educa è anche educato e il suo sapere si gioca nell’atto dell’educazione. Educare non è solo formare ma è costruire insieme identità e futuro. In una comunità educante gli studenti sono i primi responsabili dell’apprendimento dei contenuti, del pensiero creativo, di quella analitico, di quello sintetico, del pensiero etico. Gli insegnanti, così come gli altri operatori che operano nella scuola, hanno la responsabilità di essere i primi modelli di una società di cui si fanno garanti. Sono coadiuvati dagli adulti e soprattutto dai genitori, altri attori e autori della comunità, chiamati a svolgere e ad integrare, confermare ed espandere i concetti e i valori custoditi nella nostra vita comune.
L’educazione è il compito più importante della democrazia; il maggior pericolo per la democrazia è l’ignoranza: mina alle radici il senso dell’educazione e della democrazia stessa. L’ignoranza pericolosa è quella della persona che non è capace di cambiare, di persuadere e di essere persuaso perché non riconosce altra identità e verità se non la sua. Una società plurale, come quella in cui viviamo, ha bisogno di persone che sanno assumersi responsabilità delle proprie opinioni e sanno accettare che le proprie opinioni possano cambiare nel confronto con quelle degli altri.
Una comunità educante è una comunità che consente tempi e luoghi ove possano avere luogo il confronto e il dibattito. Una comunità che affianca il concetto di partecipazione con quello di solidarietà. Una solidarietà che è conoscenza e riconoscenza in un rapporto di reciprocità. Solidarietà che non è un darsi o offrirsi a qualcuno che è o si sente escluso e/o limitato. è piuttosto un riconoscersi in qualcuno, dandogli e dandoci dignità.
Il legame che ci lega all’altro non è solo cura ma è curiosità, desiderio di conoscenza, responsabilità: la responsabilità diffusa di una società di relazioni.
Una comunità ed una città educante è quella che educa i propri cittadini, ma che si fa anche educare, cambiare dai propri cittadini.
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La storia della parola responsabilità sembra sintetizzare bene, con la sua evoluzione semantica, le richieste di cambiamento che gli uomini si sono posti nel corso del tempo. Questo sviluppo ha trasformato il significato del termine. La nuova locuzione ha aiutato a cambiare gli uomini che quel termine doveva rappresentare.
A_S_ 16_17 Anno della Responsabilità (versione breve)