foto del mese: marzo 2017
Il 4 aprile 1292 morì il Papa Niccolò IV. Il Conclave riunito per eleggere il successore non trovava un accordo su nessun candidato: dopo 27 mesi i consensi confluirono su un anziano eremita Pietro Angelerio del Morrone che prese il nome di Celestino V; era il 5 luglio 1294. Su consiglio di Carlo d’Angiò, Celestino V trasferì la sede della Curia da L’Aquila a Napoli fissando la sua residenza in Castel Nuovo, la lussuosa residenza reale fatta costruire da Carlo I. Nell’agosto del 1294, Celestino V fece il suo ingresso trionfale a Napoli, nuova capitale della Cristianità, a dorso di un asino, come Cristo la Domenica delle Palme: a tenere le briglie, il re Carlo II e il suo primogenito Carlo Martello. Un carattere ascetico come quello del pontefice non poteva certo sentirsi a suo agio nella corte napoletana, un ambiente mondano il cui lusso era noto in tutta Europa, soprattutto nei banchetti, per i quali il re, pur indebitato fino al collo, spendeva cifre esorbitanti. Celestino si fece costruire una minuscola celletta di legno accanto al palazzo dove potesse mantenere le sue frugali abitudini. Probabilmente, nel corso delle sue frequenti meditazioni, dovette pervenire alla decisione di abbandonare il suo incarico, che lasciò il 13 dicembre 1294. Dieci giorni dopo l’abdicazione di papa Celestino V, i componenti del Sacro Collegio si riunirono in conclave in Castel Nuovo, a Napoli e il 24 dicembre 1294 con il nome di Bonifacio VIII.
Dopo la morte di Papa Niccolò IV (4 aprile 1292) si riunì il conclave in quel momento composto da dodici porporati. Con l’epidemia di peste, che indusse allo scioglimento del Conclave, un cardinale francese fu colpito dal morbo e morì per cui il Collegio cardinalizio si ridusse ad 11 componenti. Passò più di un anno prima che il Conclave potesse nuovamente riunirsi, prima di stabilire che la nuova sede di convocazione fosse Perugia; era il 18 ottobre 1293. I porporati però, nonostante le laboriose trattative, non riuscivano ad eleggere il nuovo Papa, fino ma quando i cardinali dovettero registrare un evento che, probabilmente, contribuì, forse in maniera determinante, ad avviare a conclusione i lavori del Conclave. Erano in corso, in quel momento, le trattative tra Carlo II d’Angiò, Re di Napoli, e Giacomo II, Re di Aragona, per sistemare le vicende legate all’occupazione aragonese della Sicilia, avvenuta all’indomani dei cosiddetti vespri siciliani, del 31 marzo 1282. Poiché si stava per giungere alla stipula di un trattato, Carlo d’Angiò aveva necessità dell’avallo pontificio, la qual cosa era impossibile, stante la situazione di stallo dei lavori del Conclave. Spinto da questa esigenza, il re di Napoli si recò, insieme al figlio Carlo Martello, a Perugia dove era riunito il Conclave, con lo scopo di sollecitare l’elezione del nuovo Pontefice. Il suo ingresso nella sala dove era riunito il Sacro Collegio provocò ovviamente la riprovazione di tutti i cardinali e il re fu cacciato fuori, soprattutto per l’intervento del cardinale Benedetto Caetani. Questa vicenda, con molta probabilità, indusse i cardinali a prendere coscienza del fatto che si rendeva necessario chiudere al più presto la sede vacante. Nel frattempo, Pietro del Morrone aveva predetto “gravi castighi” alla Chiesa se questa non avesse provveduto a scegliere subito il proprio pastore. La profezia fu inviata al Cardinale Decano Latino Malabranca, il quale la presentò all’attenzione degli altri cardinali, proponendo il monaco eremita come Pontefice; la sua figura ascetica, mistica e religiosissima, era nota a tutti i regnanti d’Europa e tutti parlavano di lui con molto rispetto. Il Cardinale Decano, però, dovette adoperarsi molto per rimuovere le numerose resistenze che il Sacro Collegio aveva sulla persona di un non porporato. Alla fine, dopo ben 27 mesi, emerse dal Conclave, all’unanimità, il nome di Pietro Angelerio del Morrone; era il 5 luglio 1294. È possibile che i cardinali fossero pervenuti a questa soluzione pensando anche di poter gestire, ciascuno a modo suo, la totale inesperienza del vecchio monaco eremita, guidandolo in quel mondo curiale e burocratico a cui egli era totalmente estraneo, sia per reggere meglio la Chiesa in quel difficile momento, sia per vantaggi personali. La notizia dell’elezione gli fu recata da tre ecclesiastici tra cui Iacopo Stefaneschi, futuro cardinale, narra così la vicenda nel suo Opus Metricum: apparve «…un uomo vecchio, attonito ed esitante per così grande novità» con indosso «…una rozza tonaca». Appena diffusa la notizia dell’elezione del nuovo Pontefice, Carlo II d’Angiò si mosse immediatamente da Napoli e fu il primo a raggiungere il religioso. Pietro si recò nella città di Aquila (oggi L’Aquila), dove aveva convocato tutto il Sacro Collegio e il 29 agosto 1294 nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio, fu incoronato con il nome di Celestino V.
Dopo l’elezione Bonifacio VIII per timore che il suo predecessore, Pietro del Morrone, ritornato semplice frate, potesse essere cooptato dai porporati francesi come antipapa fece in modo che il vecchio eremita rientrasse sotto il ferreo controllo del Pontefice. Celestino V tentò prima di tornare al suo eremo vicino Sulmona, poi, sentitosi braccato, di fuggire verso la Grecia. Carlo II d’Angiò (V. Peter Herde, Celestino V, in Enciclopedia dei Papi, Treccani on-line), lo stesso monarca che pochi mesi prima ne aveva sostenuto l’elezione pontificia (in accordo con Bonifacio VIII), lo fece arrestare e rinchiudere nella rocca di Fumone, di proprietà della famiglia Caetani, dove rimase fino alla morte. Nonostante si siano formulate varie ipotesi, non sembra che la morte di Celestino V sia stata violenta o, tanto meno, avvenuta per mano di Bonifacio VIII. Lo stato di detenzione voluto dal Caetani può tuttavia aver peggiorato la salute di un ottantasettenne già debilitato dalle fatiche dei precedenti mesi.