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foto del mese: giugno 2016

Tiziano-Paolo-III-con-i-nipoti

Paolo III e i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese – Museo di Capodimonte – Napoli

Realizzato nel 1546 dal pittore Tiziano Vecellio, il dipinto olio su tela “Paolo III e i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese”  è uno dei capolavori del Museo Nazionale di Capodimonte.

L’opera è una fotografia impietosa da parte di Tiziano della controversa politica nepotistica dei pontefici di quel tempo. Lo sfondo e la tovaglia sono infatti scuri e l’uso di colori pastosi e di pennellate poco definite, perché rapide ed abbozzate, lascia un senso di oppressione e di tetraggine.

Paolo III decise di affidare l’immagine di sé e dei suoi discendenti al più grande pittore vivente, ineguagliabile nel ritratto, Tiziano, l’unico pittore a cui l’imperatore Carlo V si rivolgeva dal 1530, cioè dall’incoronazione di Bologna da parte di Clemente VII, quando aveva inaugurato il ritratto a figura intera, molto più importante della metà figura. Paolo III chiese al nipote Alessandro di ingaggiare Tiziano, che tutti sapevano non si sarebbe spostato da Venezia e non sarebbe mai andato a Roma. Solo nell’ottobre 1545 il magnifico pittore, a seguito della promessa di un beneficio per il figlio, andò a Roma per servire il pontefice e due mesi dopo dipinse il Ritratto di Paolo III con i nipoti, che trova un formidabile precedente in Leone X e i due nipoti cardinali (Capodimonte) di Andrea del Sarto. In questo ritratto a figura intera, utilizzato da Tiziano nel ritratto ufficiale delle più alte personalità in alternativa a quello a mezza figura, Roberto Zapperi (1990) ha letto il significato iconologico, al quale qui si aggiungono alcuni elementi. Il primogenito Alessandro sta alla destra del papa, in posizione preminente, anche se ha dovuto cedere la primogenitura al secondogenito Ottavio, e afferra il pomo della poltrona in segno di futura successione sul soglio pontificio.

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Tiziano, Ritratto di Paolo III con i nipoti, particolare (1546)

Ottavio è stato scelto tra i quattro figli di Pier Luigi per il possesso del nuovo stato e per generare la discendenza, essendo stato congiunto con la figlia dell’imperatore, mentre gli altri due, Ranuccio e Orazio, dovevano rimanere di riserva rispettivamente per affermarsi nel Sacro Collegio e per subentrare al possesso dello stato in caso di morte dei fratelli; anzi Orazio nel 1541 all’età di nove anni era stato mandato alla corte di Francesco I per essere educato in modo da diventare idoneo al matrimonio reale e costituire uno strumento di pressione sull’imperatore Carlo V. Il figlio Pier Luigi era decisamente escluso dal ritratto multiplo perché avrebbe dato scandalo, mentre i nipoti potevano essere creduti figli di fratelli o sorelle del papa; Pier Luigi era ritratto sempre solo, singolarmente. Ottavio, con lo sguardo verso il volto del nonno, sta alla sinistra del papa e si piega verso di lui, in atto di riverenza, rito consistente in tre inchini e nel bacio del piede, che qui non viene rappresentato perché eccessivo atto di sottomissione; egli tiene una mano sull’elsa della spada e un cappello nella destra e ha un atteggiamento ambiguo tra l’adulazione e la simulazione.

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Tiziano, Ritratto di Paolo III con i nipoti, particolare (1546)

Il papa, con mozzetta, camauro e abito bianco con risvolti di ermellino, quindi senza l’apparato sacro della tiara e del piviale propri di una investitura, è presentato in una torsione del busto verso il nipote con uno sguardo che gli affida il compito della discendenza. Il vecchio papa stringe con mano nervosa il bracciolo della poltrona, mettendo in evidenza l’anello e la scarpa di panno purpureo con la croce d’oro, emblemi destinati al bacio di sottomissione. Dalle radiografie si deduce che Tiziano dovette correggere alcuni particolari caratterizzanti ma troppo forti: la maggior distanza del cardinale dal papa, che impediva il contatto con il pomo della poltrona, il naso troppo incurvato di Ottavio, la sostituzione del calamaio (che simboleggiava la scrittura di un atto di investitura o di concessione di un beneficio) con una clessidra, che simboleggia una scadenza temporale precisa. Questo triplice ritratto, contenente un dichiarato programma politico e dinastico e la legittimazione dei due nipoti principali, era rivolto ai regnanti ma soprattutto a Carlo V, al quale era stato chiesto nell’incontro di Busseto lo stato di Milano per Ottavio, richiesta a cui l’imperatore aveva risposto negativamente. Per questo atteggiamento il papa, non attendendo più l’investitura imperiale da tempo promessa e continuamente rinviata, aveva proceduto motu proprio all’investitura del ducato di Piacenza e Parma per il figlio Pier Luigi con bolla del 26 agosto 1545, proprio il giorno prima che nascessero i due gemelli da Margherita e Ottavio, chiamati Alessandro e Carlo, con il nome dei nonni. Solo dopo l’investitura, per ingraziarsi Carlo V, aveva convocato il 13 dicembre il tanto richiesto Concilio a Trento e aveva inviato in Germania truppe e denari per sostenere l’imperatore nella guerra contro i protestanti. Tiziano nel giugno del 1546, dopo otto mesi di soggiorno romano, tornò a Venezia e lasciò incompleto il quadro con la promessa di terminarlo in un successivo momento, anche in attesa di ricevere il beneficio per il figlio, che non sarebbe mai venuto. Ma il quadro fu addirittura accantonato perché nel frattempo l’imperatore aveva aperto le ostilità verso il papa e la famiglia Farnese affidando nell’aprile dello stesso 1546 lo Stato di Milano a Ferrante Gonzaga, nemico giurato dei Farnese.

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