foto del mese: ottobre 2017
Bastiaen Stopendael (1637-1726) – Dettaglio della pianta di Napoli che mostra il limite orientale della città, con il Castello e la chiesa del Carmine, le mura aragonesi lungo la via dei fossi, la Porta Capuana e il Castel Capuano e la chiesa di Santa Caterina a Formiello.
Era il 1653 quando l’olandese Bastiaen Stopendael (riportato anche come Stopendaal), incisore e disegnatore olandese, giunse a Napoli su incarico dei viceré, che governavano la città per conto di Madrid, interessati ad una riqualificazione urbana. Stopendael rappresenta su carta quella che era la più grande capitale culturale d’Europa realizzando un vero capolavoro grafico. Disegna particolari della vita quotidiana e ritrae i volumi degli edifici, delle torri e dei campanili. Descrive un quadro della città dalle straordinarie geometrie, un documento che conserva la storia stessa della città. Elaborato intorno al 1653, venne pubblicato solo dieci anni dopo, in quanto conteneva importanti elementi strategici militari del litorale che lo stesso re Filippo III volle tenere secretati.
La mappa di Bastiaen Stopendael riporta l’immagine della città nella sua interezza; una lettura più attenta ci racconta tante storie di una Napoli scomparsa. Molti secoli fa, al posto della Rotonda Diaz, sorgeva una piccola isola – l’Isolotto di San Leonardo – e su di essa si ergeva una piccola chiesa con spiaggia, convento, taverna e poi ormeggi dei pescatori e qualche abitazione popolare. È Benedetto Croce, nel suo libro “La villa di Chiaia” del 1892, che ce ne parla: “Percorsi i due terzi della spiaggia, a quel punto del presente boschetto della villa, che risponde di fronte ai vicoli della Cupa e di San Guido (poco prima della chiesa di San Giuseppe), si vedeva nel mare la Chiesa e Convento di San Leonardo in insula maris. Una porta ad arco, sormontata da una croce, metteva in un ponte, che conduceva all’ atrio d’ una casa, donde si passava in una chiesetta”.
L’isola divenne un piccolo borgo nel 1028, grazie a un nobile castigliano, Leonardo d’Orio, che fece costruire la chiesa sullo scoglio come ex-voto. Scampato a una tempesta, infatti, il galantuomo promise di edificare un luogo di preghiera dedicato al santo del quale portava il nome. per essere scampato miracolosamente a una tempesta.
In poco tempo la chiesetta divenne molto frequentata, specie dai più poveri, dai disperati, dagli ex galeotti e dai senzatetto. San Leonardo infatti, era patrono delle partorienti (che lo invocavano chiamandolo Sallonardo), ma anche dei carcerati, dei prigionieri e dei naufraghi, insomma degli strati sociali più bassi. Durante i giorni di festività dedicati al santo, i re angioini promuovevano l’indulto e graziavano i detenuti.
Dalle cronache del canonico e letterato napoletano Carlo Celano e dai testi di Benedetto Croce emerge il ruolo cruciale dell’Isolotto in alcune delle più cruente vicende della storia di Napoli: da qui fuggì verso la Francia, nel maggio 1419, il Re Giacomo, marito di Giovanna II e nella chiesa dell’Isolotto, Alfonso, duca di Calabria, convinse il padre, Re Ferrante I d’Aragona, a mettere a morte i baroni che avevano preso parte alla congiura contro il sovrano.
La congiura dei Baroni del 1485 segnò profondamente la storia del Regno di Napoli e il destino dell’Isolotto; in quel periodo si trasformò in un covo di sicari, spie e traditori.
Alla fine del Cinquecento l’Isolotto tornò a essere un luogo tranquillo. Nacquero allora un monastero domenicano e una famosa locanda, la taverna di Florio, celebrata da Salvatore Di Giacomo nel suo “Taverne Famose Napoletane”.
Nel gennaio 1648 iniziò la decadenza del borgo: San Leonardo fu teatro di uno scontro tra gli Spagnoli e i popolari napoletani, che se ne impadronirono dopo un accanito combattimento. I delinquenti organizzati si rifugiarono nelle case, ormai fatiscenti del borgo, trasformando l’Isolotto in un centro di contrabbando e criminalità di ogni tipo.
Tra il 1778 e il 1780 Ferdinando IV di Borbone decise di realizzare un grande giardino pubblico, la Villa Reale, affidando il progetto a Carlo Vanvitelli. L’Isolotto sparì del tutto all’inizio dell’800, quando i Borbone decisero di sacrificarlo in nome dei lavori di completamento della Villa Reale, oggi nota come Villa Comunale, in via Caracciolo. La chiesa fu completamente distrutta, le casette abbattute e sull’Isolotto rimasto libero, fu aperta la “loggetta a mare”, che dalla Villa si protendeva nel mare in forma di arco schiacciato ai lati e allungato. Là dove c’era la loggetta, e quindi l’Isolotto, ora c’è la Rotonda Diaz.
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